di Giuseppe Longo
Se l’agricoltura friulana nel dopoguerra ha avuto quello sviluppo che tutti conosciamo, e in particolare la vite e il vino sono stati gli indiscussi protagonisti di un vero e proprio “rinascimento”, questo lo dobbiamo in larghissima misura ad Antonio Comelli.
AI grande politico, scomparso vent’anni fa, è dedicato un importante convegno che la Società Filologica Friulana presieduta da Federico Vicario, ha organizzato nell’ambito della “Setemane de culture furlane” che si concluderà solennemente domani a Budoia, nel Pordenonese, con la “Fraie de Vierte”, cioè la Festa della Primavera.
L’incontro si tiene stamani, dalle 9, nell’auditorium dell’Ipa di Pozzuolo, alle porte di Udine, e ha per tema:
La rivoluzione dell’agricoltura friulana – Da Antonio Comelli al futuro.
Numerosi gli interventi di tecnici e dirigenti che l’hanno conosciuto: Ennio Benedetti, Paolo Ceccon, Bruno Chinellato, Claudio Cressati, Lionello D’Agostini, Dario Ermacora, Pierluigi Nassimbeni ed Enrico Peterlunger (moderatore Paolo Medeossi).
Il convegno vuole essere un doveroso omaggio al “Presidente della ricostruzione“, politico e amministratore di alto profilo.
“La Settimana della cultura friulana di quest’anno – afferma infatti Vicario, con riferimento anche agli altri personaggi della nostra terra che sono stati ricordati con un prestigioso ciclo di incontri – affronta il suo percorso di valorizzazione e di promozione del nostro essere comunità, presentando momenti di memoria, di studio, di ricerca sul territorio e sulle persone che lo hanno onorato con il lavoro, la passione, il loro essere friulani”.
Al convegno partecipano, opportunamente, gli alunni degli Istituti professionali agrari del Friuli, come appunto quello ospitante di Pozzuolo, perché il commemorato ha molto da dire anche ai giovani d’oggi.
Ma ecco un breve profilo di Antonio Comelli.
Nacque a Nimis nel 1920 in una famiglia dall’antico ceppo allora fra le più in vista del centro pedemontano, da sempre dedita all’agricoltura e in particolare alla vitivinicoltura di qualità.
L’età degli studi in giurisprudenza s’incrociò con le tragedie della seconda guerra mondiale che segnò la distruzione pressoché totale del paese e che vide il giovane Comelli partigiano tra le file della Brigata Osoppo.
La sua vita professionale di avvocato ben presto si coniugò con quella politica, nelle file della Democrazia cristiana, il partito cattolico fondato come popolare da don Luigi Sturzo.
Dopo diverse cariche minori (all’epoca, al contrario di oggi, si avanzava per gradi tanto che fu per un breve periodo anche sindaco di Nimis), nel 1963 fu eletto consigliere della neonata Regione Friuli Venezia Giulia e per due mandati fu assessore all’Agricoltura a fianco del presidente della Giunta Alfredo Berzanti.
Quindi nel 1973 fu eletto governatore – come si preferisce dire oggi -, rimanendo in carica fino al 1984 e gestendo praticamente tutta la rinascita post-sismica in stretta sinergia con il commissario straordinario Giuseppe Zamberletti, tanto da essere ricordato ancora come il Presidente della ricostruzione.
Lasciata l’amministrazione regionale, guidò per diversi anni la Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone.
Si spense il 22 giugno 1998 nella casa di via Rivis, a Udine, ma le sue spoglie riposano a Nimis nella tomba di famiglia.
Oggi, vista la concomitanza con lo specifico convegno, fermiamo l’attenzione su Antonio Comelli titolare per un intenso decennio dell’agricoltura regionale.
Quando l’avvocato assunse l’incarico non erano passati neanche vent’anni dalla fine della guerra e il settore primario appariva in gravi difficoltà.
Ebbene, un’azione politico-legislativa lungimirante che ebbe in lui il primo ispiratore seppe dare l’impulso necessario per innescare un’inversione di tendenza.
A beneficiarne in modo particolare fu il settore vitivinicolo, allora depresso e marginale ma dalle grosse potenzialità come si è di lì a poco cominciato a constatare.
Il motore determinante per la svolta fu la famosa legge regionale 29 del 30 dicembre 1967 recante importanti provvidenze a favore delle colture pregiate, tra cui appunto la vite.
E i primi significativi risultati si videro nel giro di pochi anni, tanto che nel 1975 il neonato Centro regionale vitivinicolo, presieduto da Orfeo Salvador e diretto da Ennio Nussi, istituito con la stessa legge, poté organizzare le prime uscite in importanti mostre enologiche.
Nello stesso anno ricordo nitidamente, perché ne fui diretto testimone, la partecipazione al Vinitaly di Verona alle primissime edizioni, al Bibe di Genova e all’Intervitis di Stoccarda, nella Germania ancora divisa in due.
Da lì partì una straordinaria stagione di sviluppo che grazie a produttori capaci e appassionati, ma anche a bravi tecnici e dirigenti, portò alla nascita e all’affermazione di quello che è ancora noto come Vigneto Friuli e che si è fatto conoscere in tutto il mondo.
Anche il recentissimo Vinitaly ha confermato il grande momento che stanno vivendo i nostri vini per la loro indiscutibile qualità, pure riconoscendo che oggi siamo in presenza di un mercato più difficile ed aggressivo.
E altre soddisfazioni non mancheranno, ma queste saranno ancora il frutto di quella vite piantata mezzo secolo fa con un’azione davvero rivoluzionaria da Antonio Comelli.
L’agricoltura friulana deve essergli grata.