di Giuseppe Longo
Alla fine la tanto attesa decisione del Coni è arrivata ed è in linea con quell’anticipazione che il presidente Giovanni Malagò aveva espresso già la vigilia. E cioè una candidatura olimpica unitaria che veda insieme Cortina – con annesse speranze anche per il Friuli Venezia Giulia -, Milano e Torino. Una decisione salomonica per non scontentare nessuno dei tre attori in campo oppure difficoltà a prendere proprio una decisione? Tanto da partorire questa soluzione che può essere anche valutata positivamente, perché trattasi indubbiamente di una scelta innovativa che potrebbe anche piacere al CIO, il Comitato olimpico internazionale, cui si deve l’ultima parola, ma anche di una candidatura forte, in quanto l’Italia schiererebbe quanto di meglio possa vantare in materia di sport sulla neve.
In ogni caso, si tratta soltanto di un primo passo verso le Olimpiadi invernali che si terranno fra otto anni perché dopo il pronunciamento del Coni ora la palla torna nel campo del Governo, il quale vuole vederci ancora più chiaro prima di alzare la paletta verde affinché il treno dei Giochi 2026 possa partire verso la stazione intermedia – ma fondamentale – chiamata CIO e quindi sperare che la organizzazione venga affidata al nostro Paese.
L’esecutivo guidato da Giuseppe Conte vuole, in altre parole, capire quanto siano convinte le tre città di Cortina, Milano e Torino circa la possibilità di partecipare a un progetto comune, vista la reazione piuttosto fredda soprattutto della seconda di fronte a questo obiettivo a tre. Ma intende avere anche un quadro preciso dell’impegno finanziario. Per ora si parla a spanne di un investimento di 380 milioni di euro, ma è chiaro che si tratta di una cifra tutta da valutare e da accertare quanto sia più o meno vicina alla realtà.
Insomma, paletti non di poco conto quelli frapposti da Palazzo Chigi fra la scelta del Coni e la candidatura definitiva da presentare al CIO.
Tuttavia, Cortina continua a essere fiduciosa perché i Giochi possano tornare dopo settant’anni esatti sulle sue Dolomiti. E questo avrebbe ricadute positive ovviamente anche sul Friuli Venezia Giulia che potrebbe schierare i suoi impianti, a partire da quelli delle nostre Dolomiti tra i quali spiccano quelli della ex veneta Sappada. La città dominata dal monte Cristallo anche se non otterrebbe, come sperava, una candidatura tutta sua, ha comunque accolto di buon grado la decisione del Coni vedendo in questa possibilità di fare squadra – sinergia come si dice oggi – con altre candidature forti un importante “lasciapassare” sul tavolo del Comitato olimpico internazionale. Ed anche il governatore del Veneto Luca Zaia, che tanto si è speso per portare avanti questo progetto, non si dice deluso dalla scelta del Consiglio nazionale presieduto da Malagò. Sollecita, però, a fare presto e bene perché la partita è troppo importante per non essere trattata con le dovute attenzioni. Come dire che il Veneto, ma anche il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia – soprattutto Federalberghi, come si ricorderà, si era subito detta entusiasta per questa eventualità dei Giochi tra le montagne Unesco – ci sperano ancora. Anche se come primo obiettivo deve essere rispettato il principio più volte enunciato dallo stesso Zaia: le Olimpiadi invernali 2026 dovranno avvenire a “impatto zero”. Questo “patrimonio mondiale dell’umanità” lo esige.
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in copertina: cerimonia di apertura dei VII Giochi olimpici invernali a Cortina d’Ampezzo dal 26 gennaio al 5 febbraio1956
a seguire panorama di Cortina d’Ampezzo
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