di Giuseppe Longo

Forse non ci avete pensato, ma se puntate un compasso sul territorio del Friuli Venezia Giulia – e meglio ancora su Udine, baricentrica all’interno della regione –, e fate un ampio cerchio, vedrete che qui siamo proprio nel bel mezzo dell’Europa. Ma qualcuno se n’era accorto benissimo quasi trent’ anni fa, tanto da chiamare Mittelfest l’importante manifestazione estiva di Cividale. Da Mitteleuropa, cioè dalla zona centrale del Vecchio Continente.
Soltanto una breve, e credo simpatica, premessa per dire che risulta più che appropriato il titolo “Luoghi e Storie di Gusto nel cuore dell’Europa” che un terzetto di prim’ordine in fatto di enogastronomia – il tricesimano Bepi Pucciarelli, l’azzanese Giorgio Viel e il goriziano Roberto Zottar – ha dato alle stampe ancora un anno fa (Aviani & Aviani Editori, quasi duecento pagine in carta pregiata), per i tipi delle Poligrafiche San Marco di Cormons, ma che è stato appena ripresentato nelle sale del ristorante Costantini, a Collalto, concludendo con un brindisi alle imminenti festività a suon di Ribolla gialla, ferma e spumantizzata – ottime entrambe -, dei Tenimenti Civa di Bellazoia, in quel di Povoletto, un’azienda che da poco si è affacciata sulla scena del Vigneto Fvg.

Ci hanno accompagnato per mano – anzi con appropriate spiegazioni e belle diapositive – alla scoperta dei “tesori” descritti nel libro due degli stessi autori, il giornalista Bepi Pucciarelli e Giorgio Viel, direttore del Centro studi territoriale Fvg dell’Accademia italiana della Cucina. Il volume è stato infatti pubblicato dal coordinamento delle cinque Delegazioni del Friuli Venezia Giulia dell’Accademia – Gorizia, Pordenone, Trieste, Udine e Muggia-Capodistria -, con il sostegno dell’Amministrazione regionale e della Fondazione Friuli, per dare il proprio contributo alla valorizzazione della gastronomia e delle tradizioni alimentari e culinarie della regione.

Bepi Pucciarelli con Giorgio Viel  mentre illustra il libro.

 

E la illustrazione è partita proprio dalla copertina per spiegare il perché di quella bella foto con un particolare del mosaico paleocristiano “Il Buon Pastore”, conservato nei preziosi pavimenti della basilica poponiana di Aquileia, “faro” del Cristianesimo proprio nel cuore dell’Europa considerata la vastità del territorio latino-slavo e tedesco che ricadeva sotto la guida patriarcale. L’immagine riassume, senza innalzare o trascurare nessuno, perfettamente ciò che racconta il volume. E quindi prodotti agroalimentari ed enogastronomia con le “contaminazioni” della cucina, inevitabili in una terra di confine, ma anche storia, arte e cultura. Insomma, tutto quello che offre un territorio che, pur vivendoci, conosciamo poco. Già il grande Pellegrino Artusi, quasi due secoli fa, sosteneva che il “Friuli è una delle realtà che meglio testimoniano il forte legame che da sempre intercorre fra storia e cibo”.

Formaggi del Carso e “blecs cul gjal”.

“Aquileia – ha spiegato Pucciarelli, riferendosi proprio alla foto di copertina – è un simbolo riconosciuto e condiviso da tutte le componenti della popolazione regionale. Inoltre, nel mosaico, oltre al Buon Pastore, sono raffigurati elementi che appartengono al mondo dell’alimentazione (i pesci, le anatre, i pavoni, una coppa con chicchi d’uva…), dell’enogastronomia e della cultura alimentare della nostra regione”.
Una diversità affascinante che è un patrimonio culturale oltre che gastronomico di una terra, come dicevamo, al centro dell’Europa illustrata, senza tralasciare dettagli, attraverso curiosità, informazioni di oggi e di ieri, accompagnandoci in 15 itinerari (Trieste, Muggia e il Golfo, il Carso, la Contea di Gorizia, il Collio, Cividale e le Valli, Alto Friuli e Tarvisiano, la Carnia, le Dolomite Friulane, la Pedemontana, Pordenone e dintorni, le Colline Moreniche, la Pianura e le Risorgive, la Laguna di Grado e di Marano, Udine e dintorni) nei quali il racconto enogastronomico s’intreccia con le descrizioni di tre storiche dell’arte – Anna Turchet, Carlotta Kovatsch e Cristina De Zorzi, autrici del blog “Vienichetiporto”nel quale propogono arte, storia, tradizioni della nostra affascinate regione – e le belle immagini (e alcune davvero splendide!) dei prodotti, dei piatti tipici, del territorio e delle comunità che li propongono. Diversi gli autori delle foto, ma molte provengono dagli archivi di PromoTurismo Fvg e dell’Ersa che le ha pubblicate nell’interessantissimo “Cibario del Friuli Venezia Giulia”.

Immagini dello strucolo in straza e  della gubana goriziana.

Di ciascun itinerario sono illustrate con efficacia tutte le rispettive espressioni, da quelle famose a quelle pur molto interessanti ma poco conosciute. Si va dalla Pitina delle Valli Pordenonesi – il cui marchio Igp ha appena fatto il suo debutto ufficiale a Malnisio di Montereale Valcellina – al prosciutto di Sauris, alla Rosa di Gorizia (un radicchio invernale di straordinaria bontà), dai capuzi garbi alla gubana delle Valli del Natisone, dai sardoni barcolani all’aglio di Resia, ormai storico presidio Slow Food. Fra i “piatti simbolo” c’é spazio per la porzina, la calandraca, la jota triestina con il famoso cotto, ma ovviamente anche per la friulanissima muset e brovade, per non parlare del frico – indiscusso portabandiera della nostra amata terra -, gli scampi in busara, il boreto di Grado e il bisato in speo di Marano, i famosissimi cjarsons della Carnia e, fra i dolci, il meno conosciuto, ma non per questo meno buono, strucolo in straza isontino. E questo, soltanto per fare qualche esempio. Perché questo è un libro da sfogliare e leggere con curiosità e attenzione, lasciandosi accompagnare in un viaggio davvero affascinante.

Ecco i “cjarsons” e il “bisato in speo”.

Il corposo volume si apre con la presentazione di Renzo Mattioni, coordinatore regionale per il Friuli Venezia Giulia e consultore nazionale dell’Accademia italiana della Cucina. “Per secoli il Friuli Venezia Giulia – scrive – è stato la porta d’Italia. Molte sono le popolazioni che si sono insediate nei secoli in questo territorio a partire dai Celti per arrivare, in tempi più recenti, alle genti dell’impero austroungarico. Culture, tradizioni, usi e costumi diversi hanno lasciato un loro segno anche nelle abitudini alimentari. La vicinanza con due grandi culture e civiltà, quella germanica e quella slava, ha lasciato in questa regione tracce evidenti, ancora oggi testimoniate dalla presenza di minoranze diverse per cultura, storia, religione e tradizioni, un vero e proprio crogiolo di diversità culturali, religiose e gastronomiche”.
“L’enogastronomia, pertanto – osserva ancora il dottor Mattioni –, se abbinata alle bellezze naturali, ai reperti storici e archeologici e agli usi e costumi può diventare anche un utilissimo strumento di valorizzazione turistica”. Un’affermazione che mi trova perfettamente d’accordo perché più volte ho avuto l’occasione di sottolineare che il turismo si “nutre” proprio di tutto questo, di quanto cioè offre il territorio anche dal punto di vista agroalimentare ed enogastronomico. Mattioni, quindi, conclude ringraziando “i soci dell’Accademia Italiana della Cucina del Friuli Venezia Giulia dalle cui pubblicazioni è stato tratto il testo di Luoghi e Storie di Gusto nel Cuore dell’Europa”.
Buona lettura!

E infine il dolce “figo moro” di Caneva, a due passi da Sacile.

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In copertina, il bel libro pubblicato da Bepi Pucciarelli, Giorgio Viel e Roberto Zottar.

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