di Giuseppe Longo

Sulle tavole di Natale, tra i vini scelti per accompagnare le pietanze, di certo non sono mancati quelli dolci, soprattutto di casa nostra, visto che il Vigneto Friuli ne produce, storicamente, di ottimi. Innanzitutto, i due più famosi, entrambi protetti dalla denominazione di origine controllata e garantita: Ramandolo e Picolit. Ma poi c’è pure il Verduzzo friulano Doc Friuli Colli orientali. Come peraltro gli altri due, pur tutelati dalla Docg (e quindi soggetti a una normativa tutta speciale), provengono dalla stessa prestigiosa area vitivinicola. Ma mentre il primo può essere prodotto soltanto in una sottozona o “cru” – per dirla alla francese – ritagliato a cavallo tra i territori comunali di Nimis e Tarcento – con punto focale i vigneti terrazzati che digradano dal monte Bernadia -, il secondo è ottenuto dalle uve vendemmiate in tutto il comprensorio collinare, beneficiando però di un blasone tutto suo, la Docg appunto, che sta ad attestare l’alta e indiscussa qualità del prodotto.

Ecco i caratteristici grappoli del Picolit. (Foto Consorzio Cof e R.)

Anche vini dolci, dunque, sulle tavole delle feste. Ma non necessariamente per accompagnare panettoni e pandori, o altri celebri prodotti della nostra tradizione, come gubana delle Valli del Natisone, putizza di Gorizia, presnitz e rigojanci di Trieste, pinza e biscotto Pordenone. C’è chi lo fa ancora – e ognuno è libero, ovviamente, di scegliere ciò che più gli piace -, ma oggi si tende ad abbinare queste etichette “dolci” con quelle di formaggi saporiti, invecchiati, erborinati e pure piccanti come il gorgonzola Made in Italy o altri famosi d’Oltralpe. Ma ce n’è uno simile, molto buono prodotto in Carnia che fa il paio con altri ottimi formaggi stagionati del Taipanese o del Carso. E non solo.
Ricordo ancora con piacere la verticale di Ramandolo Docg con abbinamento di formaggi che Lorenzo Comelli – presente peraltro all’incontro di Corno – aveva proposto due anni fa a Nimis, nella sua cantina proprio sul Bernadia, non lontano dalla storica chiesetta di San Giovanni Battista, durante una visita del Touring Club di Udine, guidata dalla viceconsole Mariarosa Rigotti. E la dimostrazione, che l’unione tra vini dolci e formaggi stagionati e aromatizzati funziona, è stata chiarissima.

La gubana delle Valli del Natisone e il rigojanci di Trieste. (Wikipedia)

E i formaggi tipici abbinati da Lorenzo Comelli al Ramandolo Docg.

E sull’affascinante pianeta dei vini dolci si è puntata l’attenzione durante un incontro che si è tenuto a Corno di Rosazzo, nella sede del Consorzio Colli orientali del Friuli e Ramandolo, a villa Nachini Cabassi, dove è stata presentata una pubblicazione fresca di stampa dal titolo “Il grande libro dei vini dolci d’Italia”, firmata da Massimo Zanichelli. Un volume di ampio formato, con una selezione di più di 350 vini italiani con relative etichette, una cinquantina di cartine e più di 200 fotografie. Ai Colli orientali è dedicata una sezione di una ventina di pagine con 22 vini di 16 aziende. Folto l’uditorio – c’era pure il presidente di Assoenologi Fvg, Rodolfo Rizzi – e al tavolo con l’autore, oltre al giornalista Adriano Del Fabro, che ha coordinato gli interventi, anche il presidente dei Consorzi Doc Fvg Adriano Gigante che si è soffermato sul valore che hanno questi grandi vini sull’immagine complessiva dei Colli orientali, tanto da richiedere attente strategie di promozione, appurato che le tecniche produttive sono ai massimi livelli.
Quindi vini dolci per le feste e pure per le normali circostanze. “Ma, per favore, non diciamo più che sono vini preferiti soltanto dalle donne, perché questo non è assolutamente vero. Come è altresì sbagliato dire che siano vini di “meditazione”, diciamo piuttosto – ha osservato Zanichelli – che sono di “conversazione”. Cioè, un buon bicchiere di Ramandolo o di Picolit sta benissimo – anche senza alcun accompagnamento – quando si parla del più e del meno fra amici”.

Massimo Zanichelli con il suo libro, tra Gigante e Del Fabro, e il pubblico.

Vini eccezionali, dunque, che hanno contribuito a scrivere belle pagine di storia del Vigneto Friuli. Ma che tuttavia rimangono prodotti di nicchia e per amatori – mai di largo consumo –, nonostante anche dal punto di vista qualitativo, dicevamo poco fa, si siano compiuti grandi progressi, tanto da ottenere prodotti di straordinaria finezza capaci di figurare a pieni voti in ogni contesto. Vini che, però, hanno indubbiamente risentito della crisi di questi ultimi dieci anni, tanto da passare in sott’ordine rispetto ai rossi o ai bianchi secchi da tutto pasto. In altre parole, in momenti di difficoltà economica, i primi a essere tagliati dalla lista della spesa sono proprio i vini dolci.
Per contro, anche in momenti tranquilli o di ripresa, come quella pur debole finalmente in atto, i vini dolci non sempre hanno il posto che meritano in enoteca o al ristorante. Come dire, che potrebbero avere ben altra diffusione se fossero adeguatamente presentati e promossi proprio da enotecari e ristoratori (altro aspetto su cui si è messo l’accento nell’incontro ai Colli orientali). Ed è proprio a loro che i vitivinicoltori si rivolgono: c’è bisogno, insomma, di un’alleanza fra produzione e distribuzione ai consumatori. Che devono essere “educati” a conoscere meglio, e quindi ad amare, i grandi vini dolci del Friuli che rispondono ai nomi di Picolit, Ramandolo e Verduzzo.

I grappoli del Verduzzo friulano.

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In copertina, Ramandolo e Picolit.

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